Curiosando sempre tra i pochi libri del nostro Punto Lettura abbiamo trovato un libretto il  cui titolo “Frulli” ci ha incuriosito. Così l’abbiamo letto e ci è piaciuto molto. L’argomento riguarda un aspetto tipico del carattere emiliano, riconosciuto a livello nazionale, e cioè la predisposizione per il ballo ed in particolare il ballo alla Filuzzi. Naturalmente dopo qualche ricerca in internet abbiamo scoperto quanto segue.

La Filuzzi è l’interpretazione fatta a Bologna e nella sua provincia degli stili musicali e danzanti propri del Ballo Liscio e nasce, come tutti i lisci italiani, dalla contaminazione dei nuovi balli di provenienza centro-europea ( mazurka, valzer, polka ) con i balli tradizionali preesistenti.

Viene indicato il 1903 come anno di nascita della Filuzzi ( vedi R. Artale “Storia della Filuzzi Bolognese 1903-1970 ). Altri fanno notare come già nel 1900 vi fossero in Via del Pratello a Bologna, due società di ballo, Aida e Aquila, dove si praticavano balli alla Filuzzi.

La musica filuzziana è strumentale e si caratterizza per l’uso dell’organetto, noto come organetto bolognese, unito alla chitarra e ad un basso. Solo negli anni 50 si introduce la batteria.

Il ballo liscio filuzziano è nato come ballo tra uomini( poiché, se si invitavano a ballare donne che non erano dello stesso rione, scoppiavano furibondi litigi) ed anzi talvolta, in mancanza di meglio, le ballerine erano le sedie.

Esso si differenzia da tutte le altre forme di liscio per la presenza di figure staccate: i Denzi, le Piroette, il Frullone ... che la coppia esegue muovendosi velocemente e continuamente lungo la pista con il ballerino che dimostra una notevole abilità atletica.

Leonildo Marcheselli, noto come il papà della Filuzzi, è il Nildo del nostro libro di oggi, scritto da Luigi Monfredini nel 2005 ed intitolato “Frulli”.

In questo libro, costituito da una serie di racconti, si descrive in modo poetico ed un po’ nostalgico un mondo che, nell’immediato secondo dopoguerra, ha regalato, a chi lo frequentava, allegria, speranza in un mondo migliore e tanta gioia di vivere.

Concludo riportando l’ultima frase scritta dall’autore: “Oggi per terminare questo racconto mi piace immaginare che in una giornata di sole sopra la Garisenda ci sia Nildo che con l’organetto, la musica, il suo trillo, saluta Bologna regalandoci uno sguardo lungo, una nuova nota capace di essere ancora colonna sonora del tempo che ci attende

A presto 

A.P & A.P

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